BLEFARITI
Si tratta di processi infiammatori interessanti il bordo palpebrale nella zona di impianto delle ciglia. Sono forme flogistiche ad andamento generalmente cronico e possono essere distinte in:
TRATTAMENTO
Data la tendenza della blefarite a ripetersi ciclicamente e cronicizzarsi, il cardine della cura si fonda sul rispetto di norme igieniche locali, associato ad impacchi caldo-umidi per favorire la fuoriuscita delle secrezioni. Nelle forme severe si ricorre ad antibiotici locali (colliri e/o pomate oftalmiche), anche associati a blandi cortisonici.
MALPOSIZIONI PALPEBRALI
ECTROPION
È una malposizione del margine palpebrale, superiore o inferiore, caratterizzata da un’eversione permanente dello stesso. L’ectropion della palpebra superiore è molto raro.
Può essere senile, paralitico, cicatriziale o meccanico.
TRATTAMENTO
Per quanto l’ectropion cicatriziale dovuto ad affezioni dermatologiche sia passibile di trattamento medico, per tutti gli altri casi la terapia è essenzialmente chirurgica e, a seconda dell’eziopatogenesi, le tecniche che possono essere impiegate hanno un grado diverso di complessità.
ECTROPION SENILE
È causato da una progressiva lassità del foglietto posteriore della palpebra inferiore. Il tarso, i legamenti cantali ed i retrattori della palpebra inferiore divengono lassi e non sono più in grado di dare alla palpebra la stabilità meccanica che ne assicura funzione e posizione.
ECTROPION PARALITICO
La paralisi centrale o periferica del nervo facciale è la causa dell’ectropion. Si associa a retrazione della palpebra superiore e ptosi del sopracciglio.
ECTROPION CICATRIZIALE
È dovuto ad un accorciamento del piano muscolo-cutaneo conseguente per lo più a lesioni traumatiche della cute palpebrale, come ferite o cicatrici retraenti, causticazioni, ustioni, alterazioni dermatologiche oppure pregresse terapie chirurgiche.
ECTROPION MECCANICO
Può verificarsi in alcuni pazienti nei quali neoformazioni del bordo palpebrale per il loro peso o per il loro volume determinano uno spostamento del margine palpebrale verso l’esterno.
ENTROPION
È un’anomala introflessione del margine palpebrale e può interessare la palpebra superiore o quella inferiore. Il contatto più o meno continuo delle ciglia con il bulbo oculare è responsabile della comparsa della sintomatologia, caratterizzata da dolore, arrossamento, sensazione di corpo estraneo e lacrimazione. Può verificarsi cheratopatia superficiale, abrasioni, ulcere e cicatrici corneali.
L’entropion può essere associato a modificazioni secondarie: deviazione della direzione delle ciglia (trichiasi) e sviluppo di ciglia aberranti.
Si riconoscono tre tipi di entropion: spastico, involutivo e cicatriziale.
TRATTAMENTO
La terapia è essenzialmente chirurgica; la terapia medica ha solo un effetto temporaneo in attesa del trattamento chirurgico.
ENTROPION SPASTICO
È dovuto a prolungati processi infiammatori palpebrali, con conseguente spasmo del muscolo orbicolare.
ENTROPION INVOLUTIVO
Tipicamente interessa la palpebra inferiore.
Alla base del processo involutivo vi è una lassità tissutale risultante da processi di invecchiamento coinvolgenti cute, muscoli, tendini e setti orbitari, e dagli effetti della forza di gravità sui tessuti molli.
ENTROPION CICATRIZIALE
È causato dalla presenza di tessuto cicatriziale a livello della lamella posteriore (tarso-congiuntivale) con conseguente accorciamento verticale di questa struttura anatomo-funzionale.
TRICHIASI, DISTICHIASI, CIGLIA ABERRANTI
Nella palpebra superiore sono presenti approssimativamente 100 ciglia, 50 in quella inferiore. Le ciglia hanno origine dalla porzione anteriore del margine palpebrale, davanti al piatto tarsale (lamella anteriore), e sono disposte su 2 o 3 file. Dal punto di vista embriologico le ciglia e le ghiandole di Meibomio si differenziano durante il secondo mese di gestazione, a partire da medesime cellule epiteliali germinali.
Trichiasi:
alterato orientamento delle ciglia che, pur nascendo fisiologicamente a livello della lamella anteriore, vengono a contatto con la superficie oculare.
Le ciglia con anomala direzione possono interessare l’intera palpebra superiore e/o inferiore, o una sua porzione.
Distichiasi:
presenza di una doppia fila di ciglia, una derivante dalla lamella anteriore e l’altra, metaplasica, dalla lamella posteriore (orifizi delle ghiandole di Meibomio).
Ciglia aberranti:
ciglia metaplasiche che hanno origine dagli orifizi delle ghiandole di Meibomio, localizzate nella lamella posteriore.
Tutte le malposizioni delle ciglia possono causare irritazione oculare, lacrimazione, abrasioni e/o ulcere corneali con perdita di trasparenza della cornea e riduzione più o meno grave del visus.
Le malposizioni del margine palpebrale e l’anomala posizione delle ciglia spesso coesistono.
Cause infiammatorie (blefarite cronica; sindrome di Stevens-Johnson; cheratocongiuntivite primaverile), infettive (tracoma; herpes zoster; parassitosi: dermodex folliculorum) , autoimmuni (pemfigoide oculare cicatriziale), o iatrogene (conseguenti a interventi chirurgici di: blefaroplastica inferiore, correzione di frattura del pavimento orbitario, enucleazione, correzione ectropion; secondari a traumi da agenti chimici o fisici) determinano processi infiammatori a carico del bordo palpebrale e dei bulbi piliferi in esso contenuti. La cicatrizzazione post infiammatoria può indurre alterazioni della normale struttura anatomica palpebrale con conseguente malposizione delle ciglia (trichiasi).
La distichiasi può essere acquisita o congenita. La forma acquisita è secondaria a processi infiammatori, infettivi, autoimmuni o traumatici che coinvolgono il bordo palpebrale. La forma congenita può essere ereditata con meccanismo autosomico dominante, ma può anche essere associata a ptosi, strabismo, difetti cardiaci congeniti, disostosi mandibolo-facciale o a linfedema congenito.
L’eziopatogenesi delle ciglia aberranti è correlata alla mancata differenziazione in ghiandole di Meibomio delle cellule germinali epiteliali, che diventano così unità pilosebacee.
TERAPIA MEDICA
Il trattamento medico locale delle malposizioni delle ciglia, con lubrificanti in gocce, con creme o mediante l’applicazione di lente a contatto terapeutica, ha il solo scopo di ridurre la sintomatologia irritativa conseguente allo sfregamento delle ciglia contro la superficie oculare.
TERAPIA CHIRURGICA
A seconda dell’estensione di tali malposizioni sono utilizzabili tecniche differenti chirurgiche.
Le varie procedure riconducibili alle due categorie distruzione e/o riposizionamento di ciglia/follicoli, possono essere utilizzate separatamente o in associazione. Le tecniche di riposizionamento, comunemente utilizzate per la correzione dell’entropion, possono talvolta risultare utili al trattamento delle malposizioni delle ciglia in quanto le malposizioni del margine palpebrale e la trichiasi spesso coesistono, mentre le tecniche di distruzione di ciglia e follicoli sono utilizzate in maniera specifica per il trattamento delle malposizioni delle ciglia.
PTOSI PALPEBRALE CONGENITA
È un’anomalia permanente della posizione della palpebra superiore (abbassamento), presente dalla nascita. La ptosi congenita è nella maggior parte dei casi “distrofica”: il muscolo elevatore della palpebra non ha avuto uno sviluppo normale ed è in parte o completamente sostituito da tessuto adiposo e connettivo con conseguente deficit della sua funzione. La forma “non distrofica” è molto più rara ed è caratterizzata da un normale sviluppo del muscolo elevatore, la cui funzione contrattile risulta però deficitaria per cause diverse.
TRATTAMENTO
Nel decidere se l’intervento è necessario per ragioni funzionali è importante valutare, in primo luogo, il rischio di ambliopia e, secondariamente, le anomalie posturali.
In presenza di rischio di ambliopia (abbassamento palpebrale importante con ptosi che copre la linea medio-pupillare) o di posizioni viziate del collo (collo in iperestensione per sfruttare meglio l’apertura palpebrale ridotta) sarà indicato un precoce intervento, idealmente nei primi 2 anni di vita. Se invece non si riscontrano tali problematiche, ma la ptosi è comunque evidente, è consigliabile una correzione prima dell’età scolare, soprattutto per le conseguenze psicologiche.
Per la scelta dell’intervento il fattore determinante è la funzione del muscolo elevatore. Quando la funzione è presente e superiore a 4-5 mm sarà possibile eseguire un intervento di accorciamento del muscolo o della sua aponeurosi per ottenere un’elevazione della palpebra. Quando la funzione è assente o inferiore a 4-5 mm sarà necessario un intervento di supplenza utilizzando il muscolo frontale (intervento di sospensione al muscolo frontale) utilizzando materiale autologo, come la fascia lata, dai 3 anni di vita, o materiale sintetico, come il Silastic, prima dei 3 anni di vita.
PTOSI PALPEBRALE ACQUISITA
Consiste in un abbassamento della palpebra superiore, con conseguente riduzione dell’apertura palpebrale. In relazione all’eziopatogenesi distinguiamo ptosi congenite, neurogene, miogene, aponeurotiche, meccaniche e traumatiche.
Ptosi neurogena: può manifestarsi a seguito di lesioni, centrali o periferiche, del III nervo cranico (oculomotore) o del simpatico cervicale (S. di Horner). Le patologie che più frequentemente danneggiano il nervo oculomotore sono il diabete, i tumori, gli aneurismi, le vasculopatie, le infiammazioni, la sclerosi multipla, le intossicazioni da metalli pesanti. La ptosi raramente è isolata, generalmente si accompagna a paralisi di uno o più muscoli extraoculari innervati dal III nervo cranico e a midriasi. La Sindrome di Horner, caratterizzata da ptosi monolaterale, enoftalmo, miosi, può essere congenita o secondaria a traumi, neoplasie, vasculopatie. Poiché lungo il suo decorso il simpatico cervicale si trova in stretta relazione con la pleura parietale e la carotide interna, bisogna considerare come possibili cause eziologiche anche le patologie dell’apice polmonare e del sifone carotideo.
Ptosi miogena: tra i disordini più frequenti responsabili di ptosi miogena ricordiamo la miastenia gravis (malattia autoimmune con deficit di trasmissione a livello della placca neuromuscolare; la ptosi, variabile e fluttuante, peggiora con il test dell’affaticamento), le malattie mitocondriali (oltre alla ptosi, si ha un coinvolgimento del muscolo orbicolare, dei muscoli extraoculari e, in alcuni casi, anche di altri organi come retina, cuore, nervi periferici), la distrofia oculofaringea (patologia autosomica dominante, non coinvolge i muscoli extraoculari, ma si manifesta con ptosi e disfagia), infine la distrofia miotonica di Steinert.
Ptosi aponeurotica: è causata da una deiscenza o disinserzione dell’aponeurosi del muscolo elevatore dal piatto tarsale. È solitamente tipica dell’età avanzata, si sviluppa gradualmente e solitamente è bilaterale. Esistono anche disinserzioni post-infiammatorie, post-chirurgiche (chirurgia della cataratta) e causate dall’uso di lenti a contatto, soprattutto se rigide o semi-rigide. La funzione dell’elevatore è generalmente buona, la piega cutanea alta o assente.
Ptosi meccanica: si sviluppa per effetto di forze che vengono ad esercitarsi sulla palpebra superiore. Queste possono essere conseguenza di tumori palpebrali, esiti cicatriziali, masse orbitarie, dermatocalasi, edema.
Ptosi traumatica: può essere causata da un trauma diretto con lacerazione o disinserzione dell’aponeurosi o lesione delle fibre nervose.
TRATTAMENTI NON CHIRURGICI
Le ptosi neurogene possono migliorare spontaneamente, pertanto è consigliabile attendere almeno 6-8 mesi prima di decidere di intervenire.
Le ptosi dovute a miopatia sono generalmente ingravescenti; Le ptosi correlate a miastenia rispondono al trattamento medico che si avvale dell’uso di farmaci inibitori delle colinesterasi e di corticosteroidi. Non c’è quindi indicazione al trattamento chirurgico se non nelle ptosi gravi resistenti al trattamento medico.
TRATTAMENTO CHIRURGICO
Nelle forme neurogene bisogna attendere alcuni mesi (6-8) prima di programmare l’intervento chirurgico. Nella maggior parte delle paralisi complete dell’oculomotore la funzione del muscolo elevatore è molto scarsa o assente. L’indicazione chirurgica è pertanto quella di una sospensione al muscolo frontale. Nella Sindrome di Horner la ptosi è in genere lieve e la funzione dell’elevatore normale: l’intervento chirurgico più indicato è quello dell’avanzamento o della resezione del Müller per via posteriore dopo test con fenilefrina al 10%.
Nelle ptosi miogene la chirurgia va programmata con molta cautela. In tali condizioni l’unico intervento consigliabile è la sospensione al muscolo frontale, volutamente prudente.
Nelle ptosi aponeurotiche l’indicazione chirurgica è quella di un riposizionamento al tarso dell’aponeurosi dell’elevatore, generalmente per via anteriore. Questo accade quando ci troviamo di fronte ad un paziente con buona funzione del muscolo elevatore. In caso contrario si effettuerà un intervento di sospensione dell’elevatore al muscolo frontale, al fine di sfruttare l’azione contrattile di quest’ultimo.
Nelle ptosi da trauma, se non si sospetta una lesione neurogena, è preferibile intervenire immediatamente cercando di identificare e riparare la lesione dell’aponeurosi e/o del muscolo elevatore.
Nelle forme meccaniche è necessario rimuovere la causa della ptosi (cute, neoplasie, cicatrici) e, successivamente, per correggere la ptosi residua è necessario intervenire sul complesso elevatore, nel caso si sia venuta a creare una deiscenza dell’aponeurosi.
TUMORI PALPEBRALI
Le palpebre possono essere interessate da una molteplicità di lesioni neoplastiche dal comportamento estremamente variabile in funzione dell’origine e dell’istotipo morfologico.
Possiamo classificare i tumori delle palpebre in epiteliali, mesenchimali, melanocitari e linfocitari ed ulteriormente, in considerazione del comportamento biologico, in benigni e maligni.
LESIONI PALPEBRALI BENIGNE
LESIONI CISTICHE DELLE PALPEBRE
CISTI SEBACEA (CISTI EPIDERMOIDE)
Lesione circolare solida, color carne o giallo-biancastra, ripiena di secrezione sebacea e cheratina, rivestita da epitelio squamoso cheratinizzato. Origina dall’infundibolo di un follicolo pilifero, sia spontaneamente, sia post-impianto traumatico di tessuto epidermico nel derma. Spesso ha un poro centrale ad indicare il rimanente dotto pilifero. Istologicamente è rivestita da epitelio squamoso pluristratificato cheratinizzato, quasi identico all’epidermide. Granuli cherato-ialini sono spesso prominenti all’interno delle cellule epiteliali. Lamine di cheratina riempiono il lume cistico.
CISTI DI MOLL (IDROCISTOMA APOCRINO DELLE GHIANDOLE DI MOLL)
Piccola cisti da ritenzione delle ghiandole apocrine del margine palpebrale. Si presenta come una lesione rotonda, non dolente, contenente un liquido traslucido. Si forma lungo il margine della palpebra agli angoli degli occhi. Istologicamente consta di cisti, singole o multiple, tappezzate da epitelio ghiandolare apocrino.
CISTI DI ZEISS (IDROCISTOMA ECCRINO DELLE GHIANDOLE DI ZEISS)
Origina da ghiandole sebacee ostruite associate al follicolo ciliare. Si manifesta in genere come una cisti singola, piccola, rotonda e contenente una secrezione lattescente, non traslucida, lungo il margine palpebrale. Istologicamente consta di due strati epiteliali, il più interno cuboidale ed il più esterno costituito da cellule più piatte. Il contenuto della cisti è spesso assente nelle sezioni istologiche; quando presente è rappresentato da materiale proteinaceo ed eosinofili.
MILI
Sono causati dall’occlusione di unità pilo-sebacee che danno luogo alla ritenzione di cheratina. Sono papule minuscole, bianche, tondeggianti, superficiali, che tendono a svilupparsi in gruppi.
CALAZIO
È un granuloma infiammatorio cronico dovuto a ritenzione di secreto nelle ghiandole del bordo palpebrale (di Meibomio). Si presenta come una neoformazione dura, non dolorosa, unica o multipla, ricoperta da cute normale.
TRATTAMENTO
Almeno un terzo dei casi di calazi si risolve spontaneamente entro circa 6 settimane. L’applicazione ripetuta di impacchi caldo-umidi nell’arco della giornata può agevolare la risoluzione, in particolare nella fase iniziale del processo. La terapia locale con pomata antibiotica spesso evita trattamenti invasivi. I calazi che non si risolvono con questi trattamenti richiedono la loro incisione ed il ‘curettage’ del contenuto. L’iniezione di cortisonici, all’interno o attorno la lesione, ha dato prova di tassi di risoluzione analoghi alla procedura di incisione.
LESIONI EPITELIALI BENIGNE
PAPILLOMA SQUAMOCELLULARE
Tumore epiteliale benigno molto comune, caratterizzato da lesioni ipercheratosiche a base stretta (peduncolate o “appendice cutanea”), rosa a base larga (sessile) e filiformi biancastre simili a un corno cutaneo. L’istopatologia in tutti i tipi clinici è analoga, con proiezioni digitiformi di tessuto connettivo fibrovascolare coperto da epitelio squamoso acantosico e ipercheratosico irregolare; alcuni casi si manifestano dopo infezione da papillomavirus umano.
Il trattamento prevede di norma l’escissione semplice; in alternativa si può intervenire con crioterapia e ablazione laser o chimica.
CHERATOSI SEBORROICA (PAPILLOMA A CELLULE BASALI)
Lesione a lenta crescita estremamente comune che colpisce il volto, il tronco e le estremità di individui anziani. Si presenta sotto forma di placca grassa, oleosa, sessile o peduncolata, che può essere liscia, papillare o lobulata con una superficie friabile, a causa della presenza di escrescenze. L’istopatologia evidenzia un’espansione dell’epitelio squamoso dell’epidermide a seguito della proliferazione delle cellule basali, in taluni casi con corni densi di cheratina o inclusioni cistiche.
Il trattamento prevede la biopsia incisionale “shave” (occasionalmente escissione semplice), ablazione laser, crioterapia con azoto liquido e peeling chimico.
XANTELASMA
Lesione comune, frequentemente bilaterale, interessante pazienti di mezza età o età avanzata. È un sottotipo di xantoma e si manifesta come una placca giallastra, in genere al canto mediale, costituita da istiociti ricchi di lipidi nel derma. Sebbene gli xantelasmi si presentino in pazienti con livelli di colesterolo sierico nella norma, a volte sono associati ad ipercolesterolemia o disturbi congeniti del metabolismo lipidico.
L’obiettivo terapeutico è essenzialmente di natura estetica. Il 50% dei casi sviluppa recidiva. L’escissione chirurgica è la procedura comunemente eseguita in presenza di un’adeguata quantità di cute in eccesso.
LESIONI PIGMENTATE BENIGNE
LENTIGGINE (EFELIDE)
Macule di piccole dimensioni (generalmente 1-5 mm), di colore marrone, il cui numero varia in funzione del livello di esposizione solare. Derivano da un’aumentata produzione di melanina nello strato epidermico basale, a fronte di una popolazione melanocitica nella norma.
In alcuni casi può regredire spontaneamente
NEVO
La classificazione, l’aspetto clinico e il potenziale di trasformazione maligna dei nevi sono determinati dalla loro sede istologica nella cute:
TRATTAMENTO
Il trattamento è indicato per motivi di natura estetica o se vi è il sospetto di malignità. L’escissione deve essere completa nella maggior parte dei casi, con almeno un margine di 3 mm in caso di elevato sospetto di melanoma.
LESIONI VASCOLARI
EMANGIOMA CAPILLARE (NEVO A FRAGOLA)
È uno dei tumori benigni più frequenti nell’infanzia dovuto ad una proliferazione di capillari simili a quelli normali.
Si manifesta tipicamente nei primi mesi di vita; si presenta come una lesione piatta, di colorito rosso violaceo contornata da teleangectasie venose. Con il tempo, la zona interessata apparirà rilevata con piccoli noduli lisci e lobulati. Nel caso in cui la lesione sia situata nei piani più profondi dei tessuti molli, apparirà come un rigonfiamento di colore porpora o bluastro, simulando, quindi, un ematoma. La lesione sbianca alla pressione e può gonfiarsi al pianto. Può osservarsi un’estensione orbitaria. L’istopatologia evidenzia la proliferazione di canali vascolari di dimensione variabile nel derma e nel tessuto sottocutaneo. È importante essere consapevoli dell’associazione che esiste fra lesioni cutanee multiple ed emangiomi viscerali e prendere in considerazione una valutazione sistemica nei casi opportuni. Tende ad andare incontro ad involuzione.
LESIONI PRE-MALIGNE
CHERATOSI ATTINICA (CHERATOSI SENILE O SOLARE)
Rappresenta la lesione pre-maligna più frequente; se multipla ha un rischio del 12-16% di evoluzione in carcinoma squamocellulare.
Colpisce tipicamente gli anziani e i soggetti di carnagione chiara su aree di cute danneggiate dai raggi solari come la fronte e il dorso delle mani (raramente interessa le palpebre) e si manifesta sotto forma di placca ipercheratosica a margini netti con una superficie squamosa che può fissurarsi. L’istopatologia evidenzia epidermide displastica irregolare con ipercheratosi, paracheratosi e formazioni corneiformi cutanee.
Il trattamento consiste nella biopsia, seguita da escissione o crioterapia.
MALATTIA DI BOWEN (Carcinoma squamocellulare in situ)
Nel 5% dei casi evolve in un carcinoma spinocellulare.
Si presenta in genere con lesioni eritematose, rilevate, con possibili placche cheratosiche.
È dovuta ad atipie cellulari epidermiche a tutto spessore, che non invadono il derma.
TUMORI PALPEBRALI MALIGNI
Il trattamento delle lesioni palpebrali maligne prevede di norma l’escissione chirurgica completa con un margine minimo di 3 mm; talvolta si opta per chemioterapia locale. Oggi l’approccio osservazionale è ritenuto inadeguato.
CARCINOMA BASOCELLULARE (BCC)
Origina dallo strato basale dell’epidermide e rappresenta la più comune neoplasia maligna delle palpebre. Sono tumori localmente invasivi, con elevato rischio di recidiva.
Si distinguono 3 varianti:
CARCINOMA SPINOCELLULARE (SCC)
È molto meno frequente nella popolazione di razza caucasica (5%). Origina dallo strato spinoso dell’epidermide ed ha un carattere estremamente aggressivo (elevata possibilità di diffusione per contiguità, per via linfatica e per via ematica a distanza).
Può essere clinicamente indistinguibile da un carcimoma basocellulare, tuttavia in genere non presenta vascolarizzazione di superficie ma cheratosi.
Esistono 3 varianti:
ADENOCARCINOMA SEBACEO
Rientra nelle lesioni a maggiore malignità, ma con incidenza estremamente limitata (<1%). Origina dalle ghiandole di Meibomio del piatto tarsale, dalle ghiandole di Zeiss delle ciglia o dalle ghiandole sebacee di caruncola, sopracciglia, cute facciale. La sede di insorgenza più frequente è la palpebra superiore.
La diagnosi clinica non è facile poiché presenta gli aspetti della blefarite cronica o del calazio. Tipicamente vi è scomparsa degli orifizi delle ghiandole di Meibomio con conseguente distruzione dei follicoli delle ciglia e quindi madarosi. Tende ad estendersi alla congiuntiva palpebrale e bulbare e si associa a tipica secrezione giallastra (lipidica).
TUMORE DI MERKEL (TUMORE CUTANEO NEUROENDOCRINO)
Ha le stesse caratteristiche epidemiologiche del carcinoma sebaceo, originando però dalle cellule di Merkel, cellule dendritiche neuroendocrine della cute. Anch’esso ha come tipica sede la palpebra superiore.
Si manifesta in genere come un nodulo violaceo dai margini ben definiti, ricoperto da cute intatta e teleangectasie.
MELANOMA
Sebbene il melanoma cutaneo rappresenta il 5% dei tumori cutanei, il melanoma primario delle palpebre rappresenta < dell’1% dei tumori palpebrali maligni.
Sospettarlo in tutti i casi di lesione pigmentata acquisita avente colorito variabile, bordi irregolari, diametro maggiore di 6 mm, ulcerazione e sanguinamento. Le varianti più frequenti nelle palpebre sono: